martedì 10 giugno 2008

Waiting for...the Reunion.

Ragazzi leggo le mails. Venite qua. Fucking deadly.

Notizia tremenda e voluttuosa. Poi tirate fuori Hvar e Tossa, si possono aggiungere London e Munchen ma anche tranquilli week end di paura sulla linea Lidi-Marina. Capisci senza sforzo che in fondo questo vale la vita.

Avanti spolpiamo fino all'orgasmo questi nostri giorni verdi.

Tanto per tenervi aggiornati, e magari solleticare la fantasia, vi mostro uno dei passatempi più gettonati degli italiani qui a Dublino.

Colpa d'Alfredo


One more tune.

Four more Guinness.

venerdì 6 giugno 2008

IT'S GINO TIME.

Mancano circa 3 ore alla palla a due di gara 1 delle finali NBA 2008, che come mezzo mondo saprà, vedono scontrarsi, nella più classica delle sfide, i Boston Celtics e i Los Angeles Lakers.
(Per rendere il tenore della sfida più comprensibile alle nostre menti calcio-dipendenti, pensate a Italia-Brasile. Se neanche questo vi dice nulla, vi invidio parecchio per la vostra impermeabilità.)

Da fanatico e disoccupato quale sono, ho già letto di tutto su questo argomento, quindi non sarà difficile per nessuno leggere cifre, numeri e aneddoti che cercano di spiegare a parole quanto leggendaria sia questa finale e quali incredibili momenti storici ricordi. Mi guardo bene quindi, dal riportare noiose e banali annotazioni di questo tipo.
Voglio però qui, ora, svelare ai più la meravigliosa storia che tanto fa impazzire i mai troppo svegli tifosi dei Celtics.

Si tratta di GINO, la prima, a memoria di primate verde, mascotte virtuale.
Ne avevo già sentito parlare, ma il Boston Globe mi ha illuminato a dovere. Avrei dovuto saperlo: a cazzate, a Boston, si è sempre avanti... Qui trovate due info in più.

Per capire un pò meglio è necessario un piccolo antefatto (sudo abbondantemente nel mischiare queste due cose, come nel mescolare il santo e il profano, il sangue e la... va bè, avete capito).

Red Auerbach, il più incredibile allenatore dei Celtics, icona quasi religiosa di Boston e dell'NBA in generale, aveva l'abitudine di accendersi un sigaro, quando si accorgeva che la partita era virtualmente finita e suoi ragazzi si apprestavano a portare a casa il risultato. E' un gesto che significava che ormai non c'era più nulla da fare, la partita era vinta. Con discutibile originalità da un pò di anni ci sorbiamo la scenetta di Dan Peterson (ex-coach e purtroppo non ancora ex-commentatore), che sputa fuori il suo fastidioso "Mamma, butta la pasta!".

Oggi, invece, quando le partite casalinghe dei biancoverdi hanno ormai preso inevitabilmente la via dei Celtics, ecco che compare GINO, sugli schermi del Jumbotron, il cubo che pende dal soffitto degli impianti sportivi americani. GINO altri non è che uno dei ballerini di uno show anni '70, le cui immagini compaiono sugli schermi sulle note di una coinvolgente "Shake Your Booty".
Niente di anomalo, se non che alla vista di GINO, un Carlito Brigante che indossa una t-shirt attillata con il simbolo del mitico Gino Vannelli, la folla impazzisce letteralmente per i suoi spassosi passi. Ci sono anche i contest "Can you dance like Gino?" e il "GINO look-alike contest".

Dicono a Boston: "His shirt is too tight. But his moves are just right."

Non dico nient'altro, lascio una clip.

Da Red Auerbach a GINO. Forse le finali, oggi, sono tutto, ma non classiche.

Almeno per un paio d'ore oggi, si parlerà di basket.